10. set, 2018

Testo

EPPUR SI MOVE

 

La “buona scuola” di Renzi perde i pezzi e si avvia al fallimento.

 

 

Il governo Renzi sfrutta notevolmente la tematica del cambiamento della Scuola. Come spesso succede i risultati sono quasi inesistenti. Dopo una grande campagna propagandistica viene approvata la legge 13 luglio 2015 n. 107 che doveva essere la panacea della scuola italiana. Un provvedimento con un solo articolo diviso in vari commi. I punti salienti sono la sostituzione del piano dell’offerta formativa con il piano triennale dell’offerta formativa, l’alternanza suola lavoro, l’organico dell’autonomia e la chiamata diretta. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta .Il piano dell’offerta formativa viene sostituito con un piano triennale proposto dai docenti ma emanato dal Preside o come si dice nel politicamente corretto il Dirigente Scolastico. Questo si inserisce nella filosofia per cui nasce una figura di preside , introdotta dal Ministro Berlinguer, che decide tutto. Possiamo ricollegare questo all’introduzione della chiamata diretta. In poche parole i docenti che si devono trasferire, volontariamente o meno, non lo fanno in base a una graduatoria che tenga conto dell’anzianità o dei punteggi di laurea del concorso ma sulla base di una decisione unilaterale del Preside che dopo un colloquio e mediante una sua valutazione stabilisce chi assumere. Ovviamente ci sono numerose obiezioni. La Costituzione, ma io direi il buon senso, prevede che i funzionari pubblici sono assunti per concorso. La scuola di Stato non è una scuola privata dove il finanziamento è assicurato dal proprietario. L’esperienza conta notevolmente e non si può sostituire un docente esperto con un altro che magari ha un buon rapporto con il Preside .Naturalmente questa norma è stata più volte rinviata fino a scomparire. Il sindacato autonomo dei docenti GILDA conduce da anni una battaglia per valorizzare il lavoro in aula e non vari progetti, di cui alcuni sono validi, ma molto spesso sono inutili e distraggono i discenti dallo svolgimento del programma. I soldi, sebbene molto ridotti, ci sono per queste attività ma abbiamo gli insegnanti meno pagati di Europa a parte, ovviamente, la Grecia e i paesi provenienti dall’estinto blocco sovietico. Veniamo all’organico dell’autonomia. Prima gli insegnanti venivano assunti mediante la titolarità di una cattedra. La legge di cui sopra permette di assumere alcuni docenti senza cattedra. Una domanda si pone : cosa fanno costoro? Si parla di potenziamento in pratica organizzano progetti e si occupano di alternanza scuola lavoro.

Esaminiamo l’altro punto fondamentale della legge del 2015. Sono previste delle ore obbligatorie di attività lavorative che gli studenti devono svolgere presso alcune aziende o istituzioni pubbliche. Precisamente 400 ore negli Istituti tecnici e professionali e 200 nei licei. Inoltre si pretende che venga attribuito un voto nella materia più vicina all’esperienza fatta dall’allievo e che durante l’esame di Stato non ci sia più la discutibile innovazione berligueriana della terza prova scritta e l’approfondimento scelta dall’alunno, spesso ridotto ad un copia e incolla da vari siti, sostituite con una relazione sul tirocinio svolto dai candidati. Ci sono diverse criticità. Per esempio uno studente fa il tirocinio in un ospedale, dove spero non curi nessuno, prende un voto in scienze senza aver dimostrato alcuna abilità nella materia. Gli esami di Stato ci sono molto commissari esterni che non hanno idea del tirocinio dei candidati sebbene lo debbano giudicare e valutare. I tirocini lavorativi non sono una novità. Ricordo che durante il ventennio viene introdotto l’avviamento che prepara i giovani al lavoro. Se un tirocinio lavorativo ha senso in una scuola tecnica o professionale ne ha molto meno in un liceo; comunque 200 ore sembrano, sinceramente, eccessive. Il nuovo governo ha promesso di rivedere l’alternanza scuola lavoro e la legge della ”buona scuola”. Per prima cosa ha rinviato di due anni l’obbligatorietà della alternanza scuola lavoro. Questo è l’ennesimo fallimento delle “riforme” renziane.

DANILO ZONGOLI